Pass invalidi falsi

La V Sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato quanto già si sapeva. Incorre in un illecito di natura penale (per il reato di falso) chi abbia parcheggiato l’autovettura esponendo sul parabrezza la fotocopia di un contrassegno per invalidi. Non si tratta di una sentenza rivoluzionaria quanto piuttosto di una reiterazione di quanto già era stato sostenuto in passato. Chi volesse rendersene conto può cercare, sul web i contenuti della decisione (la n. 33214 del 31 maggio 2012, pubblicata il 23 agosto scorso).

Il reato di “falso in autorizzazione amministrativa” viene a concretarsi quando si sia falsificato a regola d’arte il tagliando di parcheggio predisposto per i soggetti invalidi. Secondo i Giudici cassazionisti, ai fini della prova ha rilievo l’accertamento del falso da parte di una persona qualificata. Per essere più precisi, la riproduzione fotostatica di tale contrassegno ricade nel reato di falsità materiale del privato in autorizzazione amministrativa, trattata dal Capo III del Codice penale. Manco importerebbe se la fotocopia fosse carente della certificazione di autenticità né potrebbe incidere sulla rilevanza penale del falso il fatto che il documento abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale. Anche perché occorre serbare considerazione della notevole potenzialità di sofisticazione raggiunta dalle odierne apparecchiature in uso, capaci di eseguire copie fedeli all’originale, sicuramente idonee a consentire un uso atto a trarre in inganno la pubblica fede.

Tra l’altro, da un punto di vista tecnico-giuridico occorre tenere presente che il privato è costituito nell’obbligo di non formare documenti materialmente falsi e di non alterarne di veri. In effetti l’oggetto giuridico di questo “delitto” è: 1) l’interesse collettivo a che la fiducia riposta negli atti pubblici non venga ingannata in determinate persone e non venga, in tal modo, scossa nella generalità dei consociati; 2) l’interesse di ogni persona a non essere ingannata e ad evitare i danni che dall’inganno possano derivare. Va precisato che, nel caso di specie, il concetto di “scrittura privata” si amplifica a fronte di quello stabilito nell’art. 1320 C.c. Perciò abbraccia ogni atto, quale che sia, che abbia rilevanza giuridica. Oggetto materiale dei delitti in esame possono essere, di volta in volta, i documenti formati da un Pubblico ufficiale o da un Pubbico impiegato, incaricato di un pubblico servizio, compilati con le debite forme, per uno scopo di diritto pubblico, inerente all’esercizio delle pubbliche funzioni o del pubblico servizio.

La Cassazione ha stabilito che il falso grossolano non punibile può essere soltanto quello facilmente riconoscibile “ictu oculi” pure da persone del tutto sprovvedute, mentre non sarebbe tale quello che richiedesse – da parte di chi vigili – una certa attenzione per il riconoscimento della falsificazione. Perciò è stato respinto il ricorso di un automobilista (che aveva già perso dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia del 2011 e dinanzi al Tribunale di Bergamo nel 2010) per cui la falsità del permesso era stata accertata da persona qualificata dopo un attento esame che aveva evidenziato la non rifrangenza di un bollino apposto sull’atto. Difatti questo è un elemento rilevante ma non subito percepibile.

In Italia è prassi costante quella di fotocopiare i pass degli invalidi, oppure di continuare a servirsi di quelli di parenti oramai defunti. Purtroppo, si tratta di un fenomeno che i Comuni hanno difficoltà a combattere. Soltanto da poco gli Enti locali territoriali hanno una buona occasione per snidare le persone che avessero ad utilizzare contrassegni fasulli per circolare nelle zone a traffico limitato e nelle aree riservate ai disabili. Questo perché sta per arrivare il pass europeo (leggi il testo della rubrica datato 27 agosto 2012). I Comuni hanno tempo tre anni per adeguarsi alla nuova norma e per sostituire i permessi già in circolazione (che, nel frattempo, restano validi).

Difatti per le persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta (e per i non vedenti), è possibile ottenere, previa visita medica attestante la menzionata condizione, il cosiddetto “contrassegno arancione” (art. 381, DPR n. 495 del 16 dicembre 1992, e successive modificazioni). Tale documento permette ai veicoli, posti a servizio delle persone disabili, di circolare in “ztl” limitato nonché di parcheggiare negli appositi spazi riservati. Successivamente la possibilità di ottenere il “contrassegno invalidi” è stata estesa pure ai non vedenti (dPR n. 503 del 1996, art. 12, c. 3). Per ottenerne il rilascio l’interessato deve rivolgersi, tramite il Comune, all’ASREM il cui Ufficio medico-legale rilascerò una certificazione attestante la capacità di deambulazione sensibilmente ridotta del richiedente oppure dichiarerà che questi sia un non- vedente. Una volta esibita la documentazione, il dirigente (o il responsabile di servizio) del Comune di residenza provvederà a rilasciare un contrassegno con validità quinquennale, che, allo scadere del termine, potrà essere rinnovato, presentando la conferma, sottoscritta dal proprio medico di base, in ordine alla persistenza delle condizioni sanitarie per cui il contrassegno era stato rilasciato. A questo proposito è utile ricordare che il documento in questione può essere concesso pure a persone che si ritrovino in condizioni di invalidità temporanea a causa di un infortunio o di altro; in questo caso l’autorizzazione può essere rilasciata a tempo determinato a seguito della certificazione medica che attesti il periodo di durata dell’invalidità.
Il Dipartimento per i trasporti terrestri (DTT) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la nota n. 107 del 6 febbraio 2006, ha chiarito la questione della gratuità dei posteggi delimitati da segnaletica blu a pagamento quando i box siano stati occupati da veicoli al servizio di persone invalide, detentrici dello speciale contrassegno. Innanzitutto viene sottolineato che la disciplina della circolazione stradale attribuisce esclusivamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il potere di impartire ai Prefetti e agli enti proprietari delle strade direttive per l’applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione sulle strade e vuole che lo stesso sia competente ad impartire le istruzioni per l’organizzazione della circolazione e della segnaletica. Questo significa che le indicazioni di quella nota debbono essere osservate pure dai Comuni sulle strade di propria competenza.
La nota richiama la normativa in materia di agevolazioni alla circolazione ed alla sosta dei veicoli posti al servizio di persone disabili e le disposizioni in materia di rilascio del “contrassegno invalidi”. Essa prosegue sottolineando come, dalla normativa vigente, sia evincibile “la chiara volontà del legislatore di voler facilitare la mobilità dei disabili anche con misure che attengono specificamente il settore della sosta, ivi compresa l’esenzione dal pagamento di tariffe orarie per il parcheggio“. E conclude: “Non vi è dubbio che non si possa chiedere il pagamento di una tariffa oraria a chi, trovando occupato lo stallo a lui appositamente riservato, ne occupi un altro, peraltro non adeguatamente attrezzato a soddisfare in pieno le sue esigenze, potendosi imputare tale disagio anche ad una mancata previsione, da parte dell’Ente proprietario, di un maggior numero di stalli riservati”. L’indicazione è chiara; occorre solo applicarla. e farla conoscere. Perciò, ove venga contestato l’accertamento di un illecito per sosta in “zona blu”, è possibile presentare ricorso.

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